mercoledì 27 luglio 2016

Oltre 500 profughi eritrei rischiano il rimpatrio forzato dal Sudan

Agenzia Habeshia. Appello

Oltre 500 profughi eritrei rischiano il rimpatrio forzato dal Sudan
  

Secondo le richieste di aiuto pervenute all’agenzia Habeshia da alcuni familiari residenti in Italia, tra 500 e 600 profughi eritrei rinchiusi in Sudan nel centro di detenzione di Al Huda, a nord di Khartoum, stanno per essere rimpatriati e, dunque, riconsegnati di fatto alla dittatura dalla quale sono fuggiti. Tra di loro ci sono anche numerosi minorenni, ragazzi di appena 16/17 anni, donne e uomini.
Gran parte di quelle centinaia di giovani sono rinchiusi ad Al Huda da mesi o da settimane, alcuni solo da pochi giorni: rifugiati che, bloccati durante la fuga verso il Mediterraneo al confine con la Libia, sono stati poi intercettati e arrestati dalla polizia sudanese. A molti di loro sarebbe stato chiesto un riscatto (in media 300 euro a testa) per il rilascio: una prassi che, come è noto, è ormai diffusa non solo in Sudan ma soprattutto in Libia. Qualcuno avrebbe ceduto al ricatto e, dopo aver versato la somma richiesta, sperava di essere liberato entro breve tempo.
La situazione è precipitata negli ultimi giorni, quando, accompagnati da autorità sudanesi, si sono presentati nel carcere alcuni rappresentanti dell’ambasciata eritrea a Khartoum. Sono iniziate da allora forti pressioni su tutti i profughi detenuti per indurli a firmare un documento in cui, dichiarando la propria identità e la città di provenienza, si direbbero pronti ad accettare il rimpatrio. Molti hanno firmato quelle carte, ma subito dopo sono riusciti ad avvertire i familiari di essere stati indotti a farlo soltanto per il clima diffuso di paura e per la situazione di grave costrizione che si erano di fatto creati nel centro di detenzione di Al Huda. Questi messaggi di aiuto sono stati fatti “uscire” dal carcere grazie a telefoni cellulari sottratti ai controlli di polizia durante l’arresto e nei giorni successivi.
Sta di fatto che i rimpatri forzati sarebbero iniziati o in procinto di iniziare. In testa alla lista sarebbero stati inseriti proprio i profughi che avevano accettato di pagare il “riscatto” per essere rilasciati dalla polizia sudanese. Appare evidente che ci si trova di fronte a un caso di respingimento di massa che investe oltre 500 profughi, in contrasto con il diritto internazionale e la convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati. Un respingimento, oltre tutto, che comporta la consegna di centinaia di persone alla galera, alle torture, forse per alcuni alla morte stessa. In una parola: la consegna di centinaia di vite umane alle “punizioni” previste per i profughi e per i richiedenti asilo espatriati, da parte del regime di Asmara, più volte messo sotto accusa, in tutte le sedi internazionali, per la sistematica violazione dei diritti umani, come ha confermato anche l’ultimo rapporto della Commissione d’inchiesta dell’Onu la quale, nel giugno scorso, ha esplicitamente imputato alla dittatura una serie di crimini contro l’umanità, inclusa la riduzione in schiavitù, detenzioni illegali e immotivate, sparizioni forzate, uccisioni mirate.
Alla luce di tutto questo, chiediamo all’Unhcr di intervenire tempestivamente per impedire questo ennesimo sopruso, che viola apertamente i diritti fondamentali dei rifugiati e mette a rischio l’esistenza e il futuro di centinaia di giovani.

don Mussie Zerai
Presidente dell’agenzia Habeshia

Roma, 26 luglio 2016

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