lunedì 19 luglio 2010

L'Ue media sugli eritrei. Incontro tra il commissario agli interni e il ministro libico. «Presto liberi 400 profughi»

Alberto D'Argenzio - il manifesto | 14 Luglio 2010 LIBIA Il direttore dell'Oim annuncia un accordo per la liberazione di 3.000 immigrati dai centri, fra cui anche i 205 che languono a Braq da due settimane. Il ministro degli esteri Koussa parla del rilascio di 400 eritrei. Ma i reclusi nel campo del Sahara ribattono: «Non passeremo mai per la nostra ambasciata, come vogliono i libici» BRUXELLES. Non solo i 205 eritrei detenuti nel campo di Braq da due settimane, ma fino a 3 mila detenuti nei Cpt libici potrebbero presto venire liberati da Tripoli. La notizia è stata data ieri a Bruxelles da Laurence Hart, responsabile dell'ufficio in Libia dell'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni. «Ho appreso poco fa - ha affermato ieri pomeriggio Hart, intervenendo ad un dibattito sul caso degli eritrei nella Commissione Libertà pubbliche del Parlamento europeo - che il ministro degli interni libico ha emesso un ordine per la liberazione di tutte le persone detenute, che sono circa 3 mila, nei 18 Cpt presenti in Libia». La notizia, assicura il rappresentante della Oim, è stata confermata sul campo da una missione dell'Uk board agency, in questi giorni in Libia, e da contatti telefonici con i direttori di alcuni dei centri libici. E non solo, anche un'alta fonte comunitaria presente all'incontro di ieri pomeriggio tra il ministro degli esteri libico Moussa Koussa e la commissaria Ue agli affari interni Cecilia Malmström, ha confermato che questa sarebbe l'intenzione di Tripoli. Detto ciò, non sono ancora chiari né i tempi né le modalità di tali liberazioni. Quanto ai 205 eritrei deportati nel sud della Libia, la loro messa in libertà è stata confermata da Koussa alla Malmström, insieme a quella di tutti gli altri eritrei presenti nei centri di detenzione della Jamahiriya, per un totale di circa 400 persone. Ma quella del rilascio imminente sembra l'unica notizia più o meno certa sul loro futuro. «La loro liberazione è una notizia positiva, perché le condizioni nel campo sono proibitive - spiega un'alta fonte comunitaria - ma ora bisogna seguire il loro futuro con il dialogo politico, con le autorità libiche e l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e l'Oim, evitando che si proceda ad una loro ri-identificazione». Lo stesso Hart ha assicurato che il ministero degli interni libico ha chiesto alla sua organizzazione «di monitorare la situazione degli eritrei» e che al momento non è ancora chiaro se «verranno impiegati nel mercato del lavoro libico o lasciati andare», peraltro in una situazione che è ora di assoluta incertezza legale. Quanto alle responsabilità italiane nella vicenda, legate in particolare al fatto che 103 dei 205 detenuti di Braq sono stati respinti in mare dalle navi italiane, la Commissione Ue continua a mantenere un profilo alquanto basso. Ieri Stefano Manservisi, Direttore generale della DG interni della Commissione Ue, intervenendo al dibattito in Parlamento sugli eritrei, ha affermato che «non abbiamo informazioni su dove sono state intercettate queste persone, non si può dire che Malta doveva fare o l'Italia doveva fare, si sa che ora sono in Libia e dobbiamo verificare in che condizioni si trovano». Solo in un secondo tempo e se i reclami presentati presso la giustizia italiana e la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo dovessero dimostrare che alcuni potenziali richiedenti asilo sono stati respinti dalle autorità italiane, allora forse Bruxelles si deciderà ad aprire bocca. Per ora il silenzio, che dura da un anno sui respingimenti, e poche parole anche sul Trattato di partenariato, amicizia e cooperazione tra Italia-Libia, che ha di fatto dato il via libera a questa nuova politica. «Riguardo agli accordi bilaterali, a titolo personale - ha affermato ancora il numero 2 della Malmström - considero migliore un accordo europeo a uno bilaterale, ma ci vuole chiarezza, questo accordo ha pure dimostrato la propria efficacia, è un dato di fatto che il flusso di immigrati si è bloccato». E ancora: «Ci è stato notificato un accordo in linea con la normativa Ue, anche se c'è una componente segreta che non conosciamo». Pur con questa dosi di oscurità, per la Commissione il futuro dell'intesa tra Bruxelles e Tripoli dovrebbe ricalcare una buona parte dell' accordo tra Berlusconi e Gheddafi: «Dobbiamo fare modo che ciò che è coperto da accordi bilaterali possa diventare base accordo più amplio», ha concluso Manservisi. Per procedere nei contatti, lo stesso Direttore generale si recherà in Libia prima dell'autunno, quindi toccherà alla commissaria Malmström in ottobre, il tutto in vista della stesura di un accordo generale che parli di immigrazione, ma anche controllo delle frontiere, visti e relazioni economiche. Altro appuntamento chiave il vertice Ue-Unione africana del 29 e 30 novembre a Sirte.

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