lunedì 12 luglio 2010

L’Italia deve accogliere i 205 eritrei deportati

Alberto D'Argenzio Juan Fernando Lopez Aguilar conosce bene i problemi legati all’immigrazione. È stato ministro della giustizia in Spagna, ora è Presidente della "Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni" del Parlamento europeo, quella incaricata di vigilare sul rispetto dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Ed è «preoccupato» per la sorte dei 205 eritrei deportati e rinchiusi da dieci giorni a Braq, frutto amaro degli accordi tra Italia e Libia. Che responsabilità hanno l’Europa e l’Italia per quello che sta succedendo agli eritrei deportati? Bisogna capire in primo luogo che la politica di immigrazione è diventata europea solamente con il Trattato di Lisbona. Fino a ieri era di esclusiva competenza nazionale e tutto ciò che è stato fatto in Europa negli ultimi 10 anni è stata solo un’anticipazione di una politica tutta da costruire. Ma ciò che è stato fatto a livello embrionale è assolutamente insoddisfacente. Quindi, ed è il secondo punto, questa vicenda si spiega solo nella cornice dell’accordo bilaterale Italia-Libia, delle politiche del governo Berlusconi, che sono state criticate con forza tanto in Italia quanto fuori. Quindi non hanno senso le accuse del governo italiano all’Europa? Come dicevo, la Ue ha iniziato ad avere voce in capitolo da poco, ed è vero che bisogna fare molto di più e meglio. Ma non dobbiamo dimenticare che questa vicenda mette in luce un caso di lesione del diritto dei richiedenti asilo in un paese, l’Italia, che non solo è membro dell’Ue ma anche uno dei firmatari della Convenzione dell’Onu sui rifugiati. È una questione seria, che ci preoccupa. Il nostro gruppo (i Socialisti e democratici, ndr) ha chiesto per la settimana prossima un’audizione speciale su questo caso della commissaria agli interni Cecilia Malmström. A questo proposito, come mai da un anno e mezzo la Commissione europea tace sui respingimenti in mare? Non posso rispondere per loro. Tocca a loro chiarire e chiarirsi, anche per questo spero che Malmström venga ascoltata quanto prima. Ma il governo italiano deve essere consapevole che tutto ciò che riguarda i diritti dei richiedenti asilo è una questione di estrema importanza e che di questo dovrà rispondere di fronte alle istituzioni ed all’opinione pubblica europea. L’Europa dovrebbe riprendere gli eritrei respinti dall’Italia e quelli deportati da Gheddafi? A mio avviso questa soluzione non solo è fattibile, ma consigliabile e dovrebbe essere la prassi per il futuro. L’Europa deve avere una politica comune e sostenerla con i mezzi necessari, ma ciò non vuol dire che dobbiamo convalidare tutte le prassi discutibili portate avanti dagli Stati membri, dobbiamo invece rispettare i Trattati internazionali in materia. È un fatto evidente che i comportamenti degli stati membri sono eterogenei, ci sono governi con filosofie diverse e ciò non può continuare così, dobbiamo costruire un livello europeo di protezione dei diritti ed impegno comune, di ciò dobbiamo parlare con Malmström. In questo caso l’anomalia nasce da un accordo internazionale, quello tra Italia e Libia, che solleva enormi dubbi. L’Accordo Italia-Libia è stato censurato per la sua segretezza, un fatto stupefacente anche per gli esperti di diritto internazionale. Per contrastare questa situazione va costruita una politica europea rispettosa dei diritti. Quando ero ministro in Spagna ci lamentavamo che dalla Ue non arrivavano risposte ai nostri problemi. Ma ora c’è Lisbona e possiamo costruire una risposta europea, che però deve essere in sintonia con il meglio della nostra storia, con il rispetto dei diritti umani. Ma non c’è il rischio che l’Europa ricalchi l’accordo Italia-Libia invece che sostenere il rispetto dei diritti? Il rischio c’è, bisogna vigilare. Il caso degli eritrei è importante anche per questo.

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