martedì 15 dicembre 2009

Rifugiati e richiedenti asilo. Insieme in una squadra di calcio

Si chiama Liberi Nantes e gioca a Roma, in terza categoria. E’ nata per iniziativa di un gruppo di ragazzi, sostenuti dalla Fondazione Di Liegro Il magazine ‘Sportweek’ le ha dedicato un servizio, nel maggio di quest’anno, ripreso da Gianni Mura nella sua rubrica “Cattivi pensieri” sulla ‘Repubblica’: si chiama Liberi Nantes, “squadra di terza categoria – ha scritto Mura – del campionato Figc interamente composta da rifugiati politici. E’ nata a Roma su iniziativa di un gruppo di volontari. Dice il presidente, Gianluca Di Girolami: ‘Abbiamo messo insieme tanti ragazzi che non hanno nulla: famiglia, soldi, legami. Hanno lasciato tutto alle spalle, dopo traumi terribili. Lo sport per loro ha una funzione terapeutica’. L’allenatore è italiano, si chiama Giulio. Dice: ‘In partita calavano alla distanza, molti non riescono a nutrirsi regolarmente e a dormire bene. E nel gioco spesso facevano di testa propria, è stata la vita a costringerli a pensare da singoli. Nei primi allenamenti correvano in gruppi: gli afghani, i nigeriani, i sudanesi, i somali. Poi hanno imparato a fidarsi e ora sono un vero spogliatoio’. Giocano con la maglia azzurra dell’Onu, vivono dove possono, anche nei Cpt (in realtà tutti coloro che sono titolari di protezione umanitaria, non vivono nei Cpt, oggi ribattezzati ‘Centri di Identificazione ed Espulsione’, bensì vengono ospitati dei Centri di Accoglienza per Rifugiati e Richiedenti Asilo, ndr), la risposta alla richiesta d’asilo dovrebbe arrivare in un mese ma spesso bisogna aspettarne sei, anche di più, e intanto un lavoro regolare non si può trovare, finché la posizione non è chiarita, ma in nero sì. Il titolo di Sportweek è ‘Roma città aperta’”. Ottimistico, probabilmente, il titolo del magazine. Però la notizia è vera, oltrechè incoraggiante. Il nome della squadra deriva dal primo libro dell’Eneide “perché come i naufraghi troiani che fondarono Roma, anche questi sono uomini in fuga da guerre e violenze. ‘Liberi Nantes’ è nata su iniziativa di un gruppo di tifosi, dopo l’esperienza dei Mondiali Antirazzisti (www.mondialiantirazzisti.org) e con il sostegno della Fondazione Don Luigi di Liegro. Obiettivo dell’iniziativa: restituire ai migranti forzati un pezzo di vita normale attraverso il gioco del calcio”. Lo raccontano i promotori stessi sul loro sito, www.liberinantes.org, dove si possono scorrere puntualmente i risultati della squadra, settimana dopo settimana: perchè, alla fine, di calcio stiamo parlando (e precisamente del girone E del campionato romano di Terza categoria). Sudore, competizione, voglia di vincere, pur in una cornice di solidarietà e diritti sociali e civili inalienabili. Gianluca Di Girolami, il presidente, è un ragazzo appassionato, uno che va allo stadio e tifa con tutta l’anima per una squadra, la Lazio (il sodalizio più antico della Capitale, oltreché la polisportiva più grande d’Europa), la cui fama – esaurita l’età dell’oro cragnottiana delle vittorie in serie nelle competizioni europee – è ormai ingiustamente legata ad una parte della tifoseria di curva, razzista e xenofoba. Gianluca descrive così il progetto di Liberi Nantes: “I giocatori provengono soprattutto da Afghanistan, Guinea, Eritrea, Togo e Repubblica Centrafricana, per formare la squadra abbiamo contattato i vari centri di accoglienza per rifugiati di Roma, con cui continuiamo ad avere ottimi rapporti perché offriamo a questi ragazzi un momento di stacco dalle angosce che vivono quotidianamente”. Del resto, come accennava lo stesso Mura, i richiedenti asilo politico sono costretti ad affrontare penose e talvolta incivili trafile burocratico-amministrative (che non è affatto detto vadano a buon fine) prima di potersi costruire una vita in Italia: devono affrontare il colloquio con la commissione territoriale, ricorrere in appello in caso di eventuale diniego (se la commissione non dovesse concedere né asilo politico, né un “permesso per motivi umanitari”) e solo a quel punto può iniziare la difficile ricerca di un impiego. Mentre la vita scorre tra ostacoli di ogni tipo, un barlume di riscatto si affaccia attraverso un percorso di straordinaria importanza socio-culturale. Percorso immortalato recentemente anche da un film-documentario (patrocinato, allora, dalla Regione Lazio) realizzato da Salvatore Cotogno che ha fissato le tappe che hanno dato vita al Liberi Nantes: “Un viaggio collettivo, fatto di tanti viaggi individuali, che spesso sono fughe da guerre e persecuzioni e che approdano insieme ad una grande festa di sport e di dialogo interculturale. E’ il calcio che unisce invece di dividere”. Paolo Repetto

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